Franz Liszt – Parafrasi sul Rigoletto di G. Verdi

Vi suggeriamo innanzitutto, cliccando qui, di ascoltare il Quartetto del terzo atto del Rigoletto di G. Verdi nella interpretazione di Nucci, Pavarotti, Sutherland e Jones.

Vi consigliamo inoltre di ascoltare, cliccando qui, la Parafrasi sul Rigoletto di G. Verdi di Franz Liszt interpretata da Emanuele Ferrari.

Nato a Raiding in Ungheria nel 1811 da genitori tedeschi, Franz Liszt si rivelò dotato di straordinarie capacità pianistiche che gli consentirono di esibirsi fin dalla più tenera età. Dopo un periodo di studi a Vienna con Czerny e Salieri, nel 1824 si stabilì a Parigi e fino al 1827 suonò ripetutamente in Francia, Inghilterra e Svizzera. Interruppe temporaneamente la carriera concertistica per approfondire la sua cultura musicale e per dedicarsi a studi di poesia, filosofia e sociologia; frequentò in quel periodo Lamartine, Hugo, Lamennais, Heine e divenne amico fraterno di Berlioz e Chopin.

Nel 1835 fuggì in Svizzera con la moglie del conte d’Agoult, dalla quale ebbe tre figli: Blandine, Cosima (futura moglie di Wagner) e Daniel. Con lei fu in Italia, dove rimase quasi ininterrottamente fino al 1839. Il periodo dei suoi maggiori trionfi di pianista cominciò alla fine del 1839: fino al 1847 fu il concertista più ammirato, più discusso, più retribuito d’Europa, con successi paragonabili a quelli suscitati nel decennio precedente da Paganini. A questi anni appartengono le composizioni pianistiche più fortemente segnate dalla ricerca virtuosistica, come l’Album di un viaggiatore (1835-36), i primi due quaderni di Anni di pellegrinaggio (1836-39), i 24 Grandi Studi dedicati a Czerny e i 6 Studi trascendentali da Paganini (1838), nonché una prima serie di Rapsodie Ungheresi (1839-47).

Alla fine del 1847 abbandonò la carriera concertistica e si stabilì a Weimar come direttore della cappella di corte. Lì si dedicò per circa un decennio alla composizione, alla direzione d’orchestra e all’insegnamento; l’attività di direttore d’orchestra fu di grandissimo rilievo culturale per la scelta del repertorio (Berlioz, Verdi, Wagner, Schumann). Nel 1861 lasciò Weimar per stabilirsi a Roma, che divenne la sua residenza abituale fino alla morte. Qui visse un periodo di profonda crisi religiosa che lo portò nel 1865 a prendere la tonsura e gli ordini minori. A partire dal 1869 tornò ogni anno a Weimar per tenervi seguitissimi corsi di pianoforte; altri mesi li trascorreva a Budapest, dove era stato nominato consigliere reale e poi presidente dell’Accademia statale di musica. Nel marzo del 1886 iniziò un tour in varie capitali, per assistere a concerti celebrativi dei suoi settantacinque anni. Nel mese di luglio, recatosi a Bayreuth per le rappresentazioni wagneriane, morì di polmonite.

Com’è noto, il lato più evidente in Liszt è l’attività funambolica, spettacolare ma ad un tempo rivoluzionaria che egli espletò in campo pianistico come inventore del recital, cioè del concerto affidato ad un solo esecutore, e come autore di musiche fondamentali nella storia del pianoforte. Il messaggio lisztiano consiste soprattutto nell’ideazione e nella ricerca di un nuovo stile. Se si esclude l’unica Sonata, le fantasie e le rapsodie, ossia quelle composizioni che danno il massimo vigore all’attività creativa, risultano le forme favorite di un musicista che, attraverso le trascrizioni e le parafrasi (da Mozart a Rossini, da Schubert a Verdi), rende un grande servizio alla divulgazione culturale, mantenendo fede alla propria idea di musica come elevazione dell’uomo. La trascrizione-parafrasi cambia significato nelle sue mani: da spettacolare, brillante ma innocua occasione di trattenimento musicale diventa strumento per instaurare un nuovo dominio sulla materia sonora e appropriarsi di nuovi mezzi linguistici.

Contrariamente alle Reminiscenze del Don Giovanni, della Norma o dei Puritani, costruite su più temi e concepite come creative sintesi drammaturgiche, la Parafrasi sul Rigoletto di G.Verdi del 1859 focalizza l’attenzione su una specifica scena; Liszt trascrive il celeberrimo Quartetto del terzo atto, “Bella figlia dell’amore”, facendolo precedere da un preludio ricco di suggestioni orchestrali e seguire da una roboante ed efficace chiusura in ottave. Il brano è interamente pervaso dalla leggerezza del gioco della seduzione e i cambi di scrittura sottolineano la pluralità dei punti di vista di Rigoletto, del Duca di Mantova, di Maddalena, di Gilda, attraverso un sapiente gusto nel variare le tessiture delle quattro parti. La Parafrasi sul Rigoletto lisztiana si propone come fulgido esempio di equilibrio perfetto tra libera fantasia e trascrizione fedele, travolgendo lo spettatore in un vortice di ricordi e nuove emozioni.

Elena Zuccotto

 

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